Il Baby Blues

 

"Nei due giorni di ricovero dopo il parto immaginavo con gioia e allo stesso tempo con paura il ritorno a casa, il momento della verità, in cui ci saremmo trovati, io e mio marito, soli col nostro bebé. Sapevo che all'inizio ci sarebbero state delle difficoltà per capire i segnali del neonato, per decodificarne il pianto, per intuire i suoi desideri, forse anche difficoltà pratiche nell'accudirlo... non ero pronta invece a fronteggiare certe mie reazioni, che mi hanno colto di sorpresa perché pensavo che riguardassero le altre mamme, non quelle che come me il figlio l'avevano cercato e desiderato fin dal primo istante. 

 

E invece anche io passavo da crisi improvvise di pianto, di irritabilità e di ingiustificata tristezza a momenti di eccitata felicità. Da sensazioni di spossatezza e inadeguatezza di fronte a una responsabilità tanto grande come quella di allevare un figlio, a momenti di tranquilla e pacata serenità vicino al mio bambino. Era quello che avevo desiderato... allora perché, in certi momenti, mi pareva di non riuscire a godermelo appieno?"

Quella di cui parla Lara è una situazione tipica del puerperio, caratterizzato generalmente dall’insorgenza di manifestazioni di tipo depressivo. Nell’ 80-90% dei casi tuttavia si tratta di fenomeni considerati semi-fisiologici: “l’interfaccia tra la normalità e la patologia”, attribuiti agli scompensi ormonali chiamati “baby blues”.

Il baby blues viene definito come "un breve periodo fisiologico caratterizzato da immotivati sbalzi d'umore, in rottura con il comportamento da madre". Compare in moltissime donne che hanno partorito e si manifesta con un picco di intensità tra il terzo e il quinto giorno dal parto (soprattutto al momento del ritorno a casa).  Si distingue dalla depressione post partum per la repentinità della sua insorgenza e la transitorietà della sintomatologia.

La prognosi positiva del baby blues induce spesso a trascurarlo, a non dargli importanza, a minimizzare le sue manifestazioni, che invece non dovrebbero essere sottovalutate, anche se di solito scompaiono nel giro di pochi giorni. La rapida e spontanea remissione dei sintomi infatti non garantisce che l’intensa esperienza fisica e emotiva che la donna ha vissuto con l’attesa e la nascita di un bambino sia stata sufficientemente elaborata a livello profondo. Infatti, anche se la madre cerca di nascondersi e di minimizzare le sensazioni di ansia e di angoscia che percepisce, anche se non vuole riconoscere la mancanza di serenità con cui si occupa di suo figlio, è il bambino stesso che esprime il malessere dovuto all’inadeguatezza della relazione con la mamma attraverso la manifestazione di vari sintomi sia psichici che somatici: pianto persistente, difficoltà nel sonno, problemi legati all’alimentazione, facilità ad ammalarsi ecc. 

Il modo più costruttivo e rapido in cui i due elementi della diade possono instaurare un rapporto sereno e gratificante per entrambi, prevede che la mamma, con l’aiuto di un esperto del settore (psicoterapeuta) riesca a distaccarsi da certi suoi vissuti infantili, spesso conflittuali e dolorosi, che a sua insaputa sono riemersi con la gravidanza e il parto. In questo modo evita di proiettare sul bambino attese, desideri, ansie, paure che non riguardano suo figlio e l’attualità della sua vita, ma la sua infanzia e il rapporto con i suoi genitori.

Una mamma in sintonia con gli aspetti profondi e sconosciuti della sua personalità è in grado di offrire al suo bambino le migliori condizioni di equilibrio, fondamentali per affrontare in modo ottimale la vita, e di godere pienamente di un’esperienza unica e fondamentale come quella della maternità.

 

 

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