Il "Bisogno di Mamma" nel Bebè

 

Alla nascita le informazioni fornite dal corredo genetico del bambino non lo dotano, come avviene per gli animali, di modelli comportamentali innati (istinti) che gli permettano, in tempi brevi, di sopravvivere in modo autonomo. Questo stato di incompiutezza rispetto all'ambiente esterno e al suo corpo, si chiama "neotenia".

 

La neotenia genera nel neonato una sensazione di forte disagio legata all'eccessivo bombardamento di informazioni che subisce il suo sistema nervoso attraverso le vie sensoriali. Dal momento della nascita infatti gli stimoli acustici, visivi, termici e la sensazione di fame sono molto diversi rispetto a quelli provati e vissuti nell'utero materno. Lo stress perinatale si esprime con segni obiettivi più o meno evidenti (tachi/bradicardie, pause respiratorie, apnee, protrusioni della lingua, perturbazioni del ritmo sonno veglia) e possono essere attenuati solo dalla presenza e dall'aiuto di qualcuno che si occupi di lui, che ne soddisfi i bisogni: la mamma o un suo sostituto.

L’intervento di quest’ultimo permette di scaricare la tensione e di mantenere l'omeostasi, lasciando una traccia mnestica che si consoliderà con ripetitive azioni di soddisfacimento, che poco per volta aiuteranno il bambino a gestire l'attesa.

Se dunque, una mamma presente e gratificante è necessaria per creare "tracce di benessere", non va dimenticato che anche "l'eccesso di presenza" influisce negativamente sullo sviluppo del bambino.

Piccole frustrazioni, vissute in un contesto in cui il piccolo si sente amato e accettato, sono necessarie per il suo sviluppo e permettono a chi se ne prende cura, di non esaurirsi cercando di soddisfare ogni sua richiesta. 

Il bambino deve avere la possibilità di piangere per scaricarsi senza avvertire l'angoscia e i sensi di colpa di sua madre, riattivati dalla situazione attuale, ma radicati in epoche ben più remote della sua vita.

Come ha modo di rendersi conto la nostra protagonista Lara, l'atteggiamento materno determina il comportamento del bebè. Non a caso, mamme stressate, hanno bimbi che piangono di più e che pretendono disponibilità totale, creando un circolo vizioso dove l'ansia materna alimenta il pianto del figlio e viceversa.

"Oggi sono andata a trovare una ragazza che avevo conosciuto al corso preparto. L'ho trovata stanca e delusa perché immaginava la maternità diversa, più ricca di soddisfazioni, meno stressante. Mi diceva che il pianto della sua bimba la mette in crisi, non riesce a sopportarlo, si sente impotente, inadeguata, in colpa, perché ha la sensazione di essere una cattiva mamma.

Passando un pomeriggio insieme mi sono resa conto del modo diverso con cui ci relazioniamo coi nostri cuccioli, e mi sono chiesta quanto questo influisca sul loro comportamento. Al primo vagito lei ha interrotto ciò che stava facendo per prendere in braccio sua figlia: per cercare di consolarla l'ha sballottata da una parte all'altra della casa, col risultato che la piccola si è messa a strillare ancora più forte, contagiata dall'ansia della sua mamma che, non sapendo più cosa fare, è scoppiata in lacrime...

Quando le ho consigliato di lasciare la bimba a qualcuno per ritagliarsi qualche momento di riposo (come faccio io quando il papà è a casa o una nonna ci viene a trovare) si è quasi offesa: neanche a parlarne, lei non può perdere il controllo della situazione!

Per fortuna io non vivo con tale negatività il pianto del bebè: osservandolo con calma ho imparato a riconoscerlo e intuisco se ha fame, se deve essere cambiato o se è stanco e agisco di conseguenza. Non provo sensi di colpa se lo lascio sfogare per qualche minuto, soprattutto se sto facendo qualcosa.

Per lui è l'unico modo di esprimere il suo disagio, per me non sentirmi soffocata dalle sue richieste è fondamentale per essere serena e disponibile verso di lui." 

 

marcellamarcone.it