"È impossibile esprimere l'emozione, la gioia che ho provato quando, dopo alcune spinte l'ho sentito fuori da me… era tutto bagnato, biancastro per i residui di vernice caseosa, un po' macchiato di sangue... anche se era diverso da come l'avevo immaginato, mi è parso subito così carino, morbido, tenero... ho provato il desiderio di stringerlo a me, di abbracciarlo, accarezzarlo, baciarlo... i dolori del parto, terminati da pochi minuti mi sono sembrati un ricordo lontano e sfocato, privo di importanza!"
Per alcune mamme, l'attaccamento al figlio è immediato: fin dal primo momento dopo la nascita lo riconoscono come il loro cucciolo e sono in grado di investire su di lui i forti sentimenti di affetto che caratterizzano l'amore materno e che provavano già prima della nascita.
Per altre, invece, il sentimento si costruisce poco per volta, come se fosse necessario del tempo per far coincidere l'immagine che si sono costruite durante la gravidanza con quella del bambino reale.
In sala parto, ogni donna esprime spontaneamente ciò che prova, con immediati moti di affetto e ricerca di contatto con il neonato oppure con la richiesta di rimandare l'incontro a un momento successivo, in cui sia meno stanca e provata dalla sofferenza.
Capita che anche donne che abbiano desiderato intensamente il bambino, subito dopo la sua nascita non chiedano di vederlo, non provino il desiderio di stringerlo tra le braccia o lo vivano con un forte senso di estraneità che ne congela i sentimenti. Anche se il loro comportamento si discosta dall'immagine che si ha dell'amore materno, non si deve pensare che non possano essere delle buone mamme! Hanno però bisogno di tempo e di aiuto per poter mettere ordine tra tante sensazioni profonde e conflittuali relative al loro passato, che il confronto con il figlio ha portato in superficie.
Come ci racconta Lara, il collegamento tra il figlio/a e se stessi emerge in modo evidente se ci si interroga su come si forma l'immagine del bambino durante il periodo dell'attesa.
"Fin dall'inizio della gravidanza ho immaginato il mio bebè non come un embrione dalle forme indefinite, ma come un bambino rotondetto, biondo e ricciolino, simile al bambolotto con cui giocavo da piccola. Mentre con il pensiero cerco di ricostruire i tratti del suo volto mi chiedo se sto descrivendo lui o me stessa, così come mi vedo nelle mie prime fotografie. Da quando sono incinta le guardo spesso, per familiarizzare con quell'esserino dentro di me che in qualcosa mi assomiglierà e per conoscere meglio me stessa, visto che di quel periodo non ho ricordi."
Mettere al mondo un figlio, dunque, porta la donna (ma anche l'uomo), a immergersi nel contesto della propria infanzia, per poter rivivere situazioni di soddisfacimento vissute allora o per realizzare attraverso il figlio i desideri rimasti irrealizzati di quando si era bambini.